Nel mese di luglio ho
colto con vivo interesse la relazione del prof. Giuseppe Ecca circa il fatto che ADC non è solo acronimo di Associazione Democrazia Cristiana ma lo è anche per Associazione Democrazia Cooperativa.
Vengono indicati
ideali ed idee che tendono a non dimenticarsi e trascurarsi per la loro
profondità e radicamento: uomo, lavoro, società, comunità, solidarietà e
sussidiarietà orizzontale. Più che fondante la visione di democrazia cooperativa, la quale è realizzabile soltanto
a condizione di ideali puri e buona, coerente volontà.
Da qualche tempo, se
non ricordo male, dal 2012, sussiste un vivace dibattito tra movimenti ed
associazioni che esprimono e condividono questa stessa sensibilità, ma
l’impressione è che si debba trovare il coraggio di uscire dal “tutti insieme
senza selezione" tipico delle conte elettorali dei politici di Partito ed,
inoltre, che non si riesca a svuotarsi del proprio egoismo e molto poco sia
presente la concezione del bene comune, quale aspirazione altruistica. Quindi
è chiaro che promuovere soltanto la
cultura è riduttivo, se non si trasmettono sentimenti di modifica di
comportamenti umani, sui quali prima della semplice cultura , bisogna meglio
educare al sentire collettivo.
I Partiti hanno deluso, tanto da quasi far rimpiangere, i
vecchi che, almeno, avevano nelle idee
ed ideali dei punti di riferimento precisi, quando la Politica poneva dei
distinguo per quelli c.d antisistema che si riteneva per motivi, anche storici,
non adeguati a incombenze di governo: PCI e MSI.
Oggi tali distinzioni
non appartengono più all’azione politica che si muove più spesso per interessi e convenienze più egoistiche
che di spirito collettivo.
Perché non avere il
coraggio , oggi di promuovere, con serenità ed onesta un nuovo Partito, che sia
fondato su schemi innovativi sinceri ed
onesti di riforma sociale e che consenta l’elaborazione di un programma per governare il Paese, restituendolo alla vera democrazia dei “padri
costituenti”.
L’impegno in politica
deve essere misurato, costruendo una rete di relazioni mirata all’obiettivo del “bene comune”,
questo costituirebbe la vera svolta etica.
Il risveglio del popolo va’ indirizzato a prendere coscienza dello stato
delle cose, facendo leva sulla
disponibilità al dialogo ed alla
consapevolezza etica , diventando masse consapevoli del tecnicismo economico sociale, ribaltando le priorità con nuove regole etiche in campo di politica,
economia e , in particolare, finanza: al centro l’essere umano ed il bene
comune. Ad esempio le Banche siano
restituire ai risparmiatori ed alle imprese e non solo alla finanza o, quasi;
detassazione e incentivi per ridare slancio all’economia, potenziare di più gli
strumenti delle forze dell’ordine per la sicurezza.
Quindi, attivare,
coltivando la selezione della classe dirigente, una lobby etica del popolo italiano che si riprenda quella
sovranità nazionale italica, cominciando da quella monetaria. Ci vogliono
uomini coraggiosi, capaci ed onesti che trasmettano fiducia in una dimensione rivoluzionaria che conduca a realizzare, con ragione e cuore, il cambiamento.
Quello proprio che
manca alla politica attuale: un progetto chiaro di cambiamento sul quale
confrontarsi seriamente e responsabilmente (certo non c’è alternanza concreta
ma si viaggia troppo a casaccio).
Infatti, l’impressione
è che non ci sia una visione chiara d’insieme, come se l’unico problema fosse
la governabilità, quando, invece si promuove una gestione del potere
politico circoscritta a pochi eletti (elezioni provinciali di 2° livello, la riforma del senato in consultazione
referendaria), mentre i problemi veri sono
ben altri.
Giuseppe Carrubba, membro del Direttivo "Città del Sole"
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