Valori essenziali anche ai nostri giorni. E' questa l'ispirazione da cui è nata l'Associazione "La Città Ideale 2014", il cui circolo territoriale è stato presentato oggi a Parma. Un'associazione apolitica e apartitica, proprio come la nostra "Città del Sole", che non a caso ha tra i vari concetti di "città ideale" anche quello ripreso da Tommaso Campanella nel 1602 nella sua "Città del Sole". Ecco perchè alle due associazioni, caratterizzate dal ruolo preminente di personalità sagge e preparate che, come allora, si attengono a rigide norme etiche e morali, non mancheranno occasioni di collaborazione per iniziative comuni.
mercoledì 26 novembre 2014
Presentato a Parma il circolo della neonata Associazione " La Città Ideale 2014"
Un'associazione che si richiama alla "Città ideale" di Platone, basata su valori essenziali quali l’etica, la morale, la giustizia, la saggezza, l'istruzione ugualitaria, la meritocrazia, la parità fra uomo e donna, ecc.
mercoledì 12 novembre 2014
Neuroscienze, Diritti e Società (II Edizione) - Pavia, 21 novembre 2014
Città del Sole sostiene la II edizione del'evento ECM per Avvocati in programma al Collegio Cairoli di Pavia il 21 novembre prossimo: un'occasione di aggiornamento sul rapporto sempre più stretto tra Neuroscienze e Diritti, in una Società in continua evoluzione. Clicca qui per il programma
martedì 4 novembre 2014
Pavia "da bere" - Il nuovo PGT della città di Pavia
La città che ci viene
offerta dall'ormai deliberato Pgt è quella di una "Pavia da bere"
come si usava dire negli anni ottanta a Milano poco prima del ciclone di “mani
pulite”.
Sembra infatti
di assistere alla svendita di quei borghi dell'Appennino ormai disabitati che i
rispettivi sindaci offrono a condizioni stracciate ad imprese, a società
immobiliari o a investitori russi e cinesi. Pavia è descritta dal Pgt come una
città da investimento per chi ha del liquido da spendere nel mattone. Vengono offerte
sette od otto aree dimesse, alcune centralissime, da edificare con indici
elevatissimi e con la possibilità di far salire i loro arroganti palazzacci
fino a dodici piani. Comunque il bel
panorama di Pavia che ha fatto dire a Petrarca nella famosa lettera a Boccaccio
che "Pavia svetta verso le nubi con una fitta trama di torri e dispone
verso ogni direzione di una vista senza impedimenti e libera..." è in
pericolo. Se il bel panorama di Pavia è un elemento prezioso di identità della
città e se oltretutto il suo originale ed unico sky-line è anche un bene
economico per i suoi riflessi turistici, il Pgt opera chiaramente contro questi
valori.
Palazzacci come il già vecchio "palazzo di vetro"
(costruito sul verde pubblico) o la nuova Dea
(bellissima struttura, ma situata in un posto inadatto)
coroneranno a 360° la città antica, togliendo
il primato alle torri duecentesche ed al mirabile profilo della cupola del
Duomo (il Ponte Coperto di “Città del Sole”, tutte le strade che portano in
città da non molto lontano…Pavia si presentava con questo biglietto da visita).
Di questo malinteso concetto di sviluppo si possono vedere
degli esiti recentissimi negli scatoloni del Green-Campus e della ex Marelli
che, se moltiplicati per decine di volte, possono dare l'idea della nuova
"città turrita" come intesa dal nuovo Pgt. Ma per chi sono tutte
queste case quando lo stock dell'invenduto è immenso? ( vedi appartamenti vuoti
e da ristrutturare – quindi per gli imprenditori il lavoro non manca – perché
si vuole costruire ancora? ). Gli anni presenti e soprattutto quelli prossimi
saranno anni della sobrietà che non sembra una virtù praticata dal Pgt. Anzi, sotto questo profilo sembra osare quanto
negli anni passati non si è mai osato, trasformando l'area da sempre
protetta del Centro Storico in "area fabbricabile", assegnandole un
robusto indice di fabbricabilità che verrà applicato agli spazi vuoti rimasti,
quindi agli orti ed ai giardini della città. Chi ha ideato tali regole dimostra
di non aver saputo trarre alcun insegnamento dalla legge urbanistica regionale
né dagli indirizzi europei in materia, che per centinaia e centinaia di volte
non solo raccomandano, ma prescrivono il rispetto del paesaggio e
dell'ambiente.
Non ho letto con attenzione il Pgt, ma sembra che in
riferimento al centro storico sia stata inserita la possibilità di utilizzarlo
in modo “variabile” (non sono certo sia questo il termine utilizzato), cioè che
non sia più pedonale: già adesso il traffico in centro è notevole e se queste
sono le premesse per il futuro…allora
andiamo bene! A Pavia stiamo slittando verso il passato, alla cultura dei
piani regolatori e programmi di fabbricazione degli anno 60. Cito l’ultima
decisione: asfaltare una buona parte di
P.zza E. Filiberto è stato veramente degradante. L’asfalto è sempre la
peggiore soluzione che si addice ad una
piazza che costituisce una unità ambientale di tutto rispetto, contornata
da bei palazzi ( anche se di epoca fascista e beh?) costruiti con pregevole
materiale e una parte prospiciente dagli archi del Castello…ripristinando il
porfido si spenderebbe di meno e darebbe alla piazza il vecchio splendore. Dai
recenti sondaggi sulla Provincia Pavese emerge
che i cittadini non siano tanto favorevoli (salvo successive manipolazioni). Perché
i cittadini non sono stati sentiti prima? La partecipazione tanto invocata da
una serie di giornate di studio svolte sulla Democrazia e Partecipazione presso
l’aula della Cappella del Sacro Cuore dal titolo “ Scuola di Cittadinanza e
Partecipazione “ a cosa è servita? Che tesoro ne hanno fatto gli amministratori
della città ?
Bene ha fatto Italia Nostra a inoltrare la richiesta al
TAR di annullare il Pgt di Pavia.
Qualità della vita, riuso urbano, salvaguardia sociale, città a
misura d’uomo, tutela dei centri storici: sono, questi, concetti relativamente
nuovi nella cultura e nella politica delle città italiane, ignorati almeno sino
all’inizio degli anni settanta. Quando la città decise una svolta nella
direzione politica amministrativa, la nuova politica di sinistra impose un
decisivo mutamento di tendenza. I “guasti” furono attentamente esaminati, i
presupposti furono rimossi e si avviò una nuova cultura nella gestione della
città, precedendo scelte urbanistiche che si sarebbero affermate in seguito in
gran parte del Paese. L’elemento portante su cui si basa la scelta di un Pgt
deve essere la “la salvaguardia sociale ”, intesa come difesa dei cittadini di
fronte ai tentativi di allontanamento dalle zone più “appetibili” alla
speculazione, come tutela delle tradizioni culturali e storiche, molto vive nei
nostri quartieri, come conservazione del patrimonio architettonico ed urbano
caratteristico della città.
E’ evidente come l’impoverimento umano, la perdita delle
funzioni originarie di un centro storico finisca per sancire un’involuzione
sociale e, molto spesso, la perdita di risorse economiche non indifferenti come
le piccole attività artigiane: fenomeno che Pavia ha conosciuto negli anni
trascorsi e che oggi è ancora auspicabile per la generale crisi del settore
produttivo che sta interessando l’intera provincia. Si è parlato, in questi
ultimi mesi, di una politica di valorizzazione urbana sotto il profilo
turistico: però tale obiettivo potrà essere realizzato non solo conservando
nelle migliori condizioni i “monumenti storici”, ma anche mantenendo vive le
caratteristiche di una città abitata e ancora ricca delle sue tradizioni. Le
restrizioni che annualmente vengono imposte alle finanze locali, la limitazione
di autonomia, i crescenti problemi riguardo la disponibilità di alloggi, i
vuoti legislativi non rendono semplice il conseguimento degli obiettivi che
un’amministrazione si prefigge. Permangono gravi criticità, tra tutte
l’indisponibilità di alloggi non utilizzati e l’allontanamento dei residenti
nel centro storico con il meccanismo della buonuscita sotto la spinta degli
interessi privati. E’ vero che anche il cittadino ha avuto un maggior potere
contrattuale nei rapporti con le imprese e che molto spesso ha ottenuto in
cambio nuove sistemazioni, tuttavia risulta evidente la necessità da parte dell’Amministrazione
di mettere a punto dei meccanismi che permettano di conoscere immediatamente
ogni tentativo organizzato teso all’utilizzo speculativo del centro storico. Le
vie da seguire oggi appaiono quelle dei “ piani organici di recupero” e dei convenzionamenti
con l’impresa privata, che soli possono garantire il conseguimento degli
obiettivi prefissati, pur nelle ristrettezze economiche ed operative imposte
dal governo centrale.
Solo un’Amministrazione convinta della necessità di essere
protagonista di ogni intervento di tutela, salvaguardia e recupero, e che usi
ogni strumento della partecipazione, può opporsi a quei fenomeni involutivi che
investono in pari misura il patrimonio urbanistico e quello sociale.
Vincenzo Lista
domenica 2 novembre 2014
"Cristo da Crotone a Pavia" di Salvatore Mongiardo
Il 3 giugno 2014
il giornalista Claudio Micalizio ha condotto la presentazione del mio libro Cristo ritorna da Crotone nella Sala di Santa Maria Gualtieri in Pavia. L' incontro era organizzato dal Centro
di Cultura e Partecipazione Civile - Città del Sole di Pavia, e
dall'Associazione Calabrolombarda di Milano. Erano presenti le autorità
cittadine, Vincenzo Lista e Salvatore Tolomeo. Ha presieduto il prof. Giuseppe
Nappi e ha svolto la relazione don Franco Tassone.
Nel 2012 mi ero recato a Pavia per riverire in San Pietro in Ciel d’Oro l’urna
di Severino Boezio, posta vicina a quella di Sant’Agostino. Avevo già onorato,
nella basilica eretta in suo onore sul sito dell’antica Tagaste in Algeria, il
braccio destro di Sant’Agostino, quel braccio che, nelle sue Confessioni, scrisse sul tempo e la
memoria le più grandi pagine della letteratura universale. Durante quella
visita a Pavia, provai profonda pietà per Boezio al pensiero che dovette
affrontare la morte, decisa dal re barbaro Teodorico, consolato unicamente
dalla filosofia.
Pavia mi procurò forti emozioni anche durante la presentazione del mio
libro, e l’artefice fu don Franco Tassone, che mi definì mistico e illuminato: due
qualità nelle quali mi riconosco senza falsa modestia. Fu in quella stessa
occasione che, durante il mio intervento, mi venne di dure che se Dio è mamma allora lo Spirito Santo è
donna. Un tema che ho chiaro in mente e che confluirà nel mio prossimo libro
dal titolo: EVOE’ - LA
VITA UNIVERSALE.
Come hanno potuto
dodici pescatori ignoranti conquistare il mondo?
Normalmente si risponde a questo interrogativo dicendo: Gesù era figlio
di Dio e perciò la sua dottrina era destinata a prevalere. E’ questa una
spiegazione teologica, basata cioè su un apparato di definizioni. Se invece
guardiamo alla vicenda di Gesù oltre le definizioni, ci rendiamo conto che la
sua incarnazione non è stata tanto il nascere palestinese in Palestina, cioè
nella carne, ma piuttosto una discesa della sua anima nelle culture del suo
tempo, una discesa cioè nella storia del mondo.
Ma procediamo con ordine.
Sappiamo dai Vangeli che Gesù e i suoi genitori fuggirono in Egitto per
scampare alla strage di Erode. La parte di Egitto più vicina a Israele era ed è
Alessandria, la città costruita da Alessandro Magno, abitata all’epoca di Gesù da
migliaia di ebrei. Attorno ad Alessandria c’era un insediamento di Terapeuti vicino al Lago Merotis,
una comunità che era essenzialmente essena, come scrive Filone d’Alessandria,
grande filosofo e dotto ebreo contemporaneo di Gesù.
Tornato in Palestina, a dodici anni Gesù va con i genitori a Gerusalemme
e nel Tempio ha una disputa con i dottori della legge. Disputa vuol dire
contestazione, non accettazione: dove aveva appreso quel ragazzino una cultura
alternativa che gli permetteva di contestare i dottori ebrei? E’ legittimo
ipotizzare che ad Alessandria egli abbia appreso la dottrina essena dai
Terapeuti o da altri esseni.
Ma ad Alessandria apprese anche dalla popolazione egizia il ciclo di
Osiride, il Dio che muore e risorge. Gli egizi, durante le feste in suo onore, mangiavano
il corpo e bevevano il sangue di Osiride sotto la specie del pane e del vino
per poter risorgere come lui alla vita eterna. Tralasciamo per ora la morte e
resurrezione, la parte egizia confluita nella dottrina di Gesù, per concentrarci
sulla dottrina essena, anch’essa confluita nella dottrina di Gesù che le fuse
in un’unica dottrina.
Quando Gesù comincia la sua predicazione, secondo i Vangeli, il suo
comportamento e insegnamento sono contrari ai precetti della Bibbia, difatti egli:
1.
Non rispetta
il sabato
2.
Frequenta i
lebbrosi, le prostitute e i pubblicani
3.
Contesta e
irride i sacerdoti del Tempio
4.
Libera gli
animali destinati al sacrificio nel Tempio
5.
Prende donne
al suo seguito
6.
Celebra la Pasqua un giorno prima di
quella del Tempio di Gerusalemme, come facevano gli esseni e come conferma
Giovanni nel suo Vangelo.
7.
Si dichiara
figlio di Dio, cosa inaudita per la
Bibbia che prevede la pena di morte per quella
bestemmia. La condanna a morte di Gesù era nella legalità per il mondo ebraico,
anche se ottenuta forzando la mano a Pilato.
In sintesi, Gesù era un
antibiblico e, quindi, il voler spiegare la vicenda di Gesù come un
osservante della Bibbia è come voler ribaltare tutta la sua vicenda.
Qual era dunque la cultura con la quale Gesù si era formato? Era la
cultura che veniva dal Pitagorismo, da Crotone e dall’Italia di allora, per cui
si può dire che Gesù era culturalmente
italiano. Quest’affermazione deriva dal mio libro che contiene
l’analisi dei passaggi della dottrina nata in Italia col Pitagorismo, passata quindi
agli esseni e da questi a Gesù. Quello che ora voglio sottolineare è come
Pitagora abbia fondato la sua dottrina su elementi italici, quelli cioè che
egli aveva trovato nell’Italia di allora, sesto secolo avanti Cristo.
Pitagora venne a Crotone
d’Italia, come la chiama Diogene Laerzio, la prima volta da bambino,
portato dal padre Mnesarco durante un suo viaggio di lavoro. Egli notò allora
che gli Itali vivevano liberi, dividevano il cibo tra di loro nel sissizio, cioè il banchetto comune,
ed erano essenzialmente vegetariani. Da adulto Pitagora girò il mondo per
decenni, ma quando dovette lasciare la sua patria Samo per sfuggire alla
tirannide di Policrate, volle tornare in Italia, dove la popolazione autoctona meglio
rispecchiava la sua filosofia. Gli Itali però non sapevano di essere speciali: Pitagora diede loro
coscienza della loro peculiarità innalzando a dottrina il loro modo di vivere.
Avvenne una fusione tra l’essere, il
modello italico, e la coscienza dell’essere, la filosofia pitagorica: nacque
così quel grandioso fenomeno, non ancora ben compreso, che si chiamò Magna
Grecia.
Questa mia scoperta equivale a quella del Big Bang in astrofisica. Prima del Big Bang, si pensava che ci
fosse una sola galassia e che l’universo fosse stabile. Ora sappiamo che di
galassie ce n’è un numero sterminato, che l’universo è in continua espansione e
che in esso si sono generati stelle, pianeti e sulla Terra anche la vita.
Similmente, la
scoperta del Gesù italiano
cambia l’asse della storia che non ruota più attorno alla Bibbia come fonte di
salvezza. Al contrario, la dottrina pitagorica insegna che il sacrificio di
sangue, che la Bibbia
predicò e praticò con infinite vittime sgozzate e olocausti, porta alla rovina.
Difatti, Pitagora afferma che uccidendo
l’animale, la violenza entra nell’uomo creando una cultura che restituisce
all’uomo la violenza da lui data all’animale. La storia purtroppo
dimostra come Pitagora avesse ragione: il popolo ebraico, che per mille anni ha
offerto olocausti mattina e sera nel Tempio, finì lui stesso olocausto ad opera
dei nazisti. Da un po’ di tempo, invece di olocausto degli ebrei come si diceva fino a pochi anni fa, si usa
dire Shoà, che in ebraico vuol
dire strage: inconsciamente forse si vuole rimuovere quel precedente. In verità
la Bibbia aveva creato negli ebrei la convinzione che l’essere vittima sacrificale
era segno di predilezione divina, e perciò non lottarono contro il
nazismo. Si lasciarono uccidere, proprio come dice la Bibbia (Isaia 53,6-7): Maltrattato, si lasciò
umiliare e non aprì la bocca come l'agnello condotto al mattatoio.
Pitagora vide che gli Itali offrivano agli Dei il Bue di Pane, che veniva
infornato con il primo grano dell’anno, quindi intorno a luglio, in ricordo
dell’abbandono dell’alimentazione di carne e dell’avanzare del grano, come
testimonia Aristotele. Egli scrive nella Politica che Italo convertì il popolo degli Enotri da allevatori in agricoltori, li
chiamò Itali dal suo nome e stabilì il sissizio, il convivio al quale tutti
partecipavano portando il cibo che dividevano.
Pitagora capì l’importanza del sissizio e ne fece un sissizio pitagorico che celebrava la
sera dopo cena con pane e vino: dello
stesso pane un pezzo a tutti e dello stesso vino un sorso a tutti. Il sissizio pitagorico diventò poi sissizio
degli esseni, e alla fine ultima cena di Gesù.
I dodici apostoli, senza saperlo, si riallacciavano alla dottrina
pitagorica diffusa, per cinque secoli prima di Cristo, da filosofi del calibro
di Socrate, Platone, Aristotele, Plotino e poi da una lunga schiera di
pitagorici e neopitagorici, comprese molte donne, attivi in tutto il mondo
greco-romano. Furono loro che dissodarono il terreno nel quale poi gli apostoli
seminarono la loro predicazione. Due esempi per illustrare questa mia
affermazione. La libertà degli schiavi, bandiera del cristianesimo, fu
inalberata da Pitagora che liberò i suoi due schiavi Astreo e Zalmosside. E
Timeo, il legislatore di Locri, allievo di Telàuge figlio di Pitagora, inserì
la proibizione della schiavitù nelle Tavole di Locri nel sesto secolo avanti
Cristo, norma passata pari pari agli esseni che non tolleravano la schiavitù.
Come anche la comunione dei beni, base della vita italica e pitagorica, fu
adottata da Gesù e osservata dagli apostoli e dai primi cristiani: primi e
ultimi, si può dire, perché senza la comunione dei beni il cristianesimo è
svuotato di sostanza e la stessa comunione eucaristica si riduce a una
formalità.
Insomma, Gesù non fu un profeta ebraico velleitario,
ma un ribelle del sistema ebraico che portava avanti un discorso basato sulla
civiltà dell’Italia, convalidata e razionalizzata dalla matematica e dalla
filosofia pitagorica.
Per dare un’idea della diffusione del neopitagorismo, la filosofia che
riprese il pitagorismo nell’impero di Roma, ricordo solo alcuni capiscuola che
ebbero fama e allievi, un’accelerazione vera e propria che spianò la strada al
cristianesimo. Basta ricordare i principali rappresentanti
del neopitagorismo come Nigidio Figulo (prima metà del sec. I a. C.), Apollonio
di Tiana (sec. I d. C.), Moderato di Gades (sec. I d. C.), Nicomaco di Gerasa
(sec. II d. C.), Numenio di Apamea (sec. II d. C.). Lo stesso Cicerone, estimatore
del pitagorismo e grande amico di Nigidio Figulo, andò a Metaponto a onorare la
casa e tomba di Pitagora, come lui stesso scrive.
Inoltre, il più
grande tempio dei Pitagorici si trova a Roma, nel sottosuolo di Porta Maggiore,
una superba basilica tutta bianca a tre navate, costruita sottoterra forse nel
secondo secolo dopo Cristo, chiusa attualmente al pubblico ma esplorabile con
internet digitando: basilica neopitagorica Porta Maggiore Roma.
Per concludere
questo scritto, che avremo modo di allargare prossimamente con gli amici a
Pavia in compagnia di un Bue di Pane, mi sento di dire che la nuova civiltà del
mondo, la Civiltà
Sissiziale , sarà l’unica possibile alternativa al caos che
avvolge sempre di più il nostro pianeta. Questa nuova e grande avventura parte
dall’Italia perché questo è il destino dell’Italia: dara al mondo la civiltà. E
quando l’Italia va incontro a questo destino, è grande e magnifica. Quando si
allontana da questo grandioso compito, è depressa e in ginocchio. Non c’è da
avere paura perché Gesù l’italiano riprende il suo cammino da Crotone per
soccorre l’umanità.
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