mercoledì 17 febbraio 2016

IN RICORDO DI UN GRANDE ITALIANO...416 ANNI DOPO

Giordano Bruno fu arso vivo a Roma il 17 febbraio 1600, ai tempi di un pontefice che, per ironia della storia, portava il nome di Clemente. Oggi gli eretici della scienza si bruciano su altri roghi mediatici e il ruolo che fu di un integralismo religioso abissalmente lontano dall’insegnamento di Cristo, è frequentemente svolto da una nuova "Santa Inquisizione”, quella della scienza ufficiale, o presunta tale, che isola chi non si omologa: Nikola Tesla docet e con lui tanti misconosciuti ricercatori, fino ai nostri giorni.

MASSIMO RADAELLI

Ricordo di Giordano Bruno

Oggi ricorre l’anniversario dell’esecuzione di Giordano Bruno, arso vivo a Campo dei Fiori a Roma il 17 febbraio del 1600 per ordine dell’Inquisizione Romana. Al suo grande ingegno e grandissimo coraggio voglio offrire questo fiore, ricordando un elemento non messo in luce dagli studiosi di Bruno, pure numerosissimi in ogni parte del mondo: la sua discendenza dalla dottrina pitagorica, rimasta viva nel Sud Italia fino a lui e fino a noi.
Già a Salerno era nata nel Medioevo la famosa Scuola Medica Salernitana che, a mio giudizio, altro non è che una summa della medicina pitagorica con qualche aggiunta, e sarebbe il caso che di questa discendenza se ne occupassero i tanti professori di storia della medicina delle università italiane.
San Francesco di Paola, poi, riprese il vegetarismo osservato da Pitagora, rinforzandolo con l’astinenza da uova e latte, che oggi è chiamato veganismo perché verrebbe dalla stella Vega, il che mi sembra vero nel senso che la Calabria è un mondo tanto diverso e lontano quanto una stella…
Anche Campanella scrisse la sua prima opera, purtroppo persa, su Pitagora, e sappiamo che la appese come omaggio al catafalco di Telesio morto a Cosenza.
Ma torniamo a Bruno e alla sua interpretazione della Bibbia, una stranezza che la Santa Inquisizione non riuscì nemmeno a capire e non contestò a Bruno, mentre invece era, secondo me, la sua più grave eresia. Difatti Bruno scrisse, a proposito del primo assassinio fratricida della storia, la seguente terribile frase:

Ben fece Caino a uccidere quel massacrator di animali Abele.

Bruno aveva semplicemente ripreso la dottrina base sull’origine della violenza predicata da Pitagora:

Se non osi uccidere l’animale, mai ucciderai un uomo.

Il primo a uccidere non fu Caino, che offriva a Dio i frutti della terra essendo contadino, ma Abele, che offriva a Dio padre padrone il sacrificio di poveri animali. Caino semplicemente imitò Abele.
Un’ultima considerazione è che Bruno, suo nome di famiglia, altro non è che il nome di Bruno di Colonia, che in Calabria era venuto a stabilirsi osservando l’astinenza perpetua dalle carni, regola che i suoi monaci certosini ancora oggi osservano.  

Mi piace ricordare anche la napoletanità di Bruno, che mi richiama Totò e le sue battute. Quando, per convincerlo ad abiurare, gli ricordavano che sarebbe morto bruciato e sarebbe finito all’infero, Bruno disse che con le fiamme del rogo la sua anima sarebbe salita in cielo come il fumo dell’arrosto…

Il suo rogo arse a Roma il 17 febbraio, giorno nefasto per i pitagorici perché considerato OSTACOLO. E’ per questo motivo che ancora oggi nel Meridione il 17 è molto temuto. Darò a parte la spiegazione di questo fenomeno. La cosa buffa fu però che Bruno si portò nella tomba -faccio per dire visto che le sue ceneri furono buttate nel Tevere- San Roberto Bellarmino che aveva firmato la sua condanna e quella di Galileo come presidente dell’Inquisizione Romana. Difatti, il Bellarmino morì il 17 settembre 1621, volle essere sepolto nel sarcofago che era stato di Sant’Ignazio e alla fine fu proclamato santo, in buona compagnia di San Vincenzo Ferreri, anche lui grande inquisitore…

Mi vien di pensare che giustamente c’è il giorno del ricordo delle stragi di ebrei, zingari e altre etnie, ma non c’è nessuna giornata di commemorazione per le innumerevoli vittime dell’Inquisizione. Spero che qualcuno, illuminato dalle fiamme del rogo di Giordano Bruno, prenda una iniziativa in merito. La sua statua di Campo dei Fiori stava per essere rimossa per volere di Pio XI, condizione da lui posta per la firma del concordato con Mussolini, ma ci fu una levata di scudi generale che nemmeno il Duce poté sottovalutare.  Datti da fare, caro Giordano, per ricordare e onorare le vittime dell’Inquisizione!

Salvatore Mongiardo, 17 febbraio 2016