Il 3 giugno 2014
il giornalista Claudio Micalizio ha condotto la presentazione del mio libro Cristo ritorna da Crotone nella Sala di Santa Maria Gualtieri in Pavia. L' incontro era organizzato dal Centro
di Cultura e Partecipazione Civile - Città del Sole di Pavia, e
dall'Associazione Calabrolombarda di Milano. Erano presenti le autorità
cittadine, Vincenzo Lista e Salvatore Tolomeo. Ha presieduto il prof. Giuseppe
Nappi e ha svolto la relazione don Franco Tassone.
Nel 2012 mi ero recato a Pavia per riverire in San Pietro in Ciel d’Oro l’urna
di Severino Boezio, posta vicina a quella di Sant’Agostino. Avevo già onorato,
nella basilica eretta in suo onore sul sito dell’antica Tagaste in Algeria, il
braccio destro di Sant’Agostino, quel braccio che, nelle sue Confessioni, scrisse sul tempo e la
memoria le più grandi pagine della letteratura universale. Durante quella
visita a Pavia, provai profonda pietà per Boezio al pensiero che dovette
affrontare la morte, decisa dal re barbaro Teodorico, consolato unicamente
dalla filosofia.
Pavia mi procurò forti emozioni anche durante la presentazione del mio
libro, e l’artefice fu don Franco Tassone, che mi definì mistico e illuminato: due
qualità nelle quali mi riconosco senza falsa modestia. Fu in quella stessa
occasione che, durante il mio intervento, mi venne di dure che se Dio è mamma allora lo Spirito Santo è
donna. Un tema che ho chiaro in mente e che confluirà nel mio prossimo libro
dal titolo: EVOE’ - LA
VITA UNIVERSALE.
Come hanno potuto
dodici pescatori ignoranti conquistare il mondo?
Normalmente si risponde a questo interrogativo dicendo: Gesù era figlio
di Dio e perciò la sua dottrina era destinata a prevalere. E’ questa una
spiegazione teologica, basata cioè su un apparato di definizioni. Se invece
guardiamo alla vicenda di Gesù oltre le definizioni, ci rendiamo conto che la
sua incarnazione non è stata tanto il nascere palestinese in Palestina, cioè
nella carne, ma piuttosto una discesa della sua anima nelle culture del suo
tempo, una discesa cioè nella storia del mondo.
Ma procediamo con ordine.
Sappiamo dai Vangeli che Gesù e i suoi genitori fuggirono in Egitto per
scampare alla strage di Erode. La parte di Egitto più vicina a Israele era ed è
Alessandria, la città costruita da Alessandro Magno, abitata all’epoca di Gesù da
migliaia di ebrei. Attorno ad Alessandria c’era un insediamento di Terapeuti vicino al Lago Merotis,
una comunità che era essenzialmente essena, come scrive Filone d’Alessandria,
grande filosofo e dotto ebreo contemporaneo di Gesù.
Tornato in Palestina, a dodici anni Gesù va con i genitori a Gerusalemme
e nel Tempio ha una disputa con i dottori della legge. Disputa vuol dire
contestazione, non accettazione: dove aveva appreso quel ragazzino una cultura
alternativa che gli permetteva di contestare i dottori ebrei? E’ legittimo
ipotizzare che ad Alessandria egli abbia appreso la dottrina essena dai
Terapeuti o da altri esseni.
Ma ad Alessandria apprese anche dalla popolazione egizia il ciclo di
Osiride, il Dio che muore e risorge. Gli egizi, durante le feste in suo onore, mangiavano
il corpo e bevevano il sangue di Osiride sotto la specie del pane e del vino
per poter risorgere come lui alla vita eterna. Tralasciamo per ora la morte e
resurrezione, la parte egizia confluita nella dottrina di Gesù, per concentrarci
sulla dottrina essena, anch’essa confluita nella dottrina di Gesù che le fuse
in un’unica dottrina.
Quando Gesù comincia la sua predicazione, secondo i Vangeli, il suo
comportamento e insegnamento sono contrari ai precetti della Bibbia, difatti egli:
1.
Non rispetta
il sabato
2.
Frequenta i
lebbrosi, le prostitute e i pubblicani
3.
Contesta e
irride i sacerdoti del Tempio
4.
Libera gli
animali destinati al sacrificio nel Tempio
5.
Prende donne
al suo seguito
6.
Celebra la Pasqua un giorno prima di
quella del Tempio di Gerusalemme, come facevano gli esseni e come conferma
Giovanni nel suo Vangelo.
7.
Si dichiara
figlio di Dio, cosa inaudita per la
Bibbia che prevede la pena di morte per quella
bestemmia. La condanna a morte di Gesù era nella legalità per il mondo ebraico,
anche se ottenuta forzando la mano a Pilato.
In sintesi, Gesù era un
antibiblico e, quindi, il voler spiegare la vicenda di Gesù come un
osservante della Bibbia è come voler ribaltare tutta la sua vicenda.
Qual era dunque la cultura con la quale Gesù si era formato? Era la
cultura che veniva dal Pitagorismo, da Crotone e dall’Italia di allora, per cui
si può dire che Gesù era culturalmente
italiano. Quest’affermazione deriva dal mio libro che contiene
l’analisi dei passaggi della dottrina nata in Italia col Pitagorismo, passata quindi
agli esseni e da questi a Gesù. Quello che ora voglio sottolineare è come
Pitagora abbia fondato la sua dottrina su elementi italici, quelli cioè che
egli aveva trovato nell’Italia di allora, sesto secolo avanti Cristo.
Pitagora venne a Crotone
d’Italia, come la chiama Diogene Laerzio, la prima volta da bambino,
portato dal padre Mnesarco durante un suo viaggio di lavoro. Egli notò allora
che gli Itali vivevano liberi, dividevano il cibo tra di loro nel sissizio, cioè il banchetto comune,
ed erano essenzialmente vegetariani. Da adulto Pitagora girò il mondo per
decenni, ma quando dovette lasciare la sua patria Samo per sfuggire alla
tirannide di Policrate, volle tornare in Italia, dove la popolazione autoctona meglio
rispecchiava la sua filosofia. Gli Itali però non sapevano di essere speciali: Pitagora diede loro
coscienza della loro peculiarità innalzando a dottrina il loro modo di vivere.
Avvenne una fusione tra l’essere, il
modello italico, e la coscienza dell’essere, la filosofia pitagorica: nacque
così quel grandioso fenomeno, non ancora ben compreso, che si chiamò Magna
Grecia.
Questa mia scoperta equivale a quella del Big Bang in astrofisica. Prima del Big Bang, si pensava che ci
fosse una sola galassia e che l’universo fosse stabile. Ora sappiamo che di
galassie ce n’è un numero sterminato, che l’universo è in continua espansione e
che in esso si sono generati stelle, pianeti e sulla Terra anche la vita.
Similmente, la
scoperta del Gesù italiano
cambia l’asse della storia che non ruota più attorno alla Bibbia come fonte di
salvezza. Al contrario, la dottrina pitagorica insegna che il sacrificio di
sangue, che la Bibbia
predicò e praticò con infinite vittime sgozzate e olocausti, porta alla rovina.
Difatti, Pitagora afferma che uccidendo
l’animale, la violenza entra nell’uomo creando una cultura che restituisce
all’uomo la violenza da lui data all’animale. La storia purtroppo
dimostra come Pitagora avesse ragione: il popolo ebraico, che per mille anni ha
offerto olocausti mattina e sera nel Tempio, finì lui stesso olocausto ad opera
dei nazisti. Da un po’ di tempo, invece di olocausto degli ebrei come si diceva fino a pochi anni fa, si usa
dire Shoà, che in ebraico vuol
dire strage: inconsciamente forse si vuole rimuovere quel precedente. In verità
la Bibbia aveva creato negli ebrei la convinzione che l’essere vittima sacrificale
era segno di predilezione divina, e perciò non lottarono contro il
nazismo. Si lasciarono uccidere, proprio come dice la Bibbia (Isaia 53,6-7): Maltrattato, si lasciò
umiliare e non aprì la bocca come l'agnello condotto al mattatoio.
Pitagora vide che gli Itali offrivano agli Dei il Bue di Pane, che veniva
infornato con il primo grano dell’anno, quindi intorno a luglio, in ricordo
dell’abbandono dell’alimentazione di carne e dell’avanzare del grano, come
testimonia Aristotele. Egli scrive nella Politica che Italo convertì il popolo degli Enotri da allevatori in agricoltori, li
chiamò Itali dal suo nome e stabilì il sissizio, il convivio al quale tutti
partecipavano portando il cibo che dividevano.
Pitagora capì l’importanza del sissizio e ne fece un sissizio pitagorico che celebrava la
sera dopo cena con pane e vino: dello
stesso pane un pezzo a tutti e dello stesso vino un sorso a tutti. Il sissizio pitagorico diventò poi sissizio
degli esseni, e alla fine ultima cena di Gesù.
I dodici apostoli, senza saperlo, si riallacciavano alla dottrina
pitagorica diffusa, per cinque secoli prima di Cristo, da filosofi del calibro
di Socrate, Platone, Aristotele, Plotino e poi da una lunga schiera di
pitagorici e neopitagorici, comprese molte donne, attivi in tutto il mondo
greco-romano. Furono loro che dissodarono il terreno nel quale poi gli apostoli
seminarono la loro predicazione. Due esempi per illustrare questa mia
affermazione. La libertà degli schiavi, bandiera del cristianesimo, fu
inalberata da Pitagora che liberò i suoi due schiavi Astreo e Zalmosside. E
Timeo, il legislatore di Locri, allievo di Telàuge figlio di Pitagora, inserì
la proibizione della schiavitù nelle Tavole di Locri nel sesto secolo avanti
Cristo, norma passata pari pari agli esseni che non tolleravano la schiavitù.
Come anche la comunione dei beni, base della vita italica e pitagorica, fu
adottata da Gesù e osservata dagli apostoli e dai primi cristiani: primi e
ultimi, si può dire, perché senza la comunione dei beni il cristianesimo è
svuotato di sostanza e la stessa comunione eucaristica si riduce a una
formalità.
Insomma, Gesù non fu un profeta ebraico velleitario,
ma un ribelle del sistema ebraico che portava avanti un discorso basato sulla
civiltà dell’Italia, convalidata e razionalizzata dalla matematica e dalla
filosofia pitagorica.
Per dare un’idea della diffusione del neopitagorismo, la filosofia che
riprese il pitagorismo nell’impero di Roma, ricordo solo alcuni capiscuola che
ebbero fama e allievi, un’accelerazione vera e propria che spianò la strada al
cristianesimo. Basta ricordare i principali rappresentanti
del neopitagorismo come Nigidio Figulo (prima metà del sec. I a. C.), Apollonio
di Tiana (sec. I d. C.), Moderato di Gades (sec. I d. C.), Nicomaco di Gerasa
(sec. II d. C.), Numenio di Apamea (sec. II d. C.). Lo stesso Cicerone, estimatore
del pitagorismo e grande amico di Nigidio Figulo, andò a Metaponto a onorare la
casa e tomba di Pitagora, come lui stesso scrive.
Inoltre, il più
grande tempio dei Pitagorici si trova a Roma, nel sottosuolo di Porta Maggiore,
una superba basilica tutta bianca a tre navate, costruita sottoterra forse nel
secondo secolo dopo Cristo, chiusa attualmente al pubblico ma esplorabile con
internet digitando: basilica neopitagorica Porta Maggiore Roma.
Per concludere
questo scritto, che avremo modo di allargare prossimamente con gli amici a
Pavia in compagnia di un Bue di Pane, mi sento di dire che la nuova civiltà del
mondo, la Civiltà
Sissiziale , sarà l’unica possibile alternativa al caos che
avvolge sempre di più il nostro pianeta. Questa nuova e grande avventura parte
dall’Italia perché questo è il destino dell’Italia: dara al mondo la civiltà. E
quando l’Italia va incontro a questo destino, è grande e magnifica. Quando si
allontana da questo grandioso compito, è depressa e in ginocchio. Non c’è da
avere paura perché Gesù l’italiano riprende il suo cammino da Crotone per
soccorre l’umanità.
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