martedì 17 marzo 2015

IL 27 APRILE PARTE LA STAGIONE DI APPUNTAMENTI 2015 DI CITTA' DEL SOLE

Il debutto nella narrativa a 76 anni del medico Mariano Lombardi, originario di San Cipriano Po, sarà oggetto del primo appuntamento 2015 organizzato da Città del Sole presso la sua nuova sede di Via dei Mille 130 a Pavia. L'autore, convinto dall'amico Mino Milani che interverrà al dibattito e che ha firmato la postfazione del libro, racconta la sua esperienza di pilota di aereo ad elica, interrotta nel 1995 dopo 26 anni per motivi di salute, e quella professionale di medico, che ancora oggi prosegue. Di seguito la locandina dell'evento al quale siete tutti invitati a partecipare: La Nuvola e altri racconti - 27 aprile 2015

domenica 1 marzo 2015

Xenofobia e razzismo: la crisi dell'umanismo e il fallimento della politica

Riflessioni maturate dopo aver ricevuto la notizia di un provvedimento della Giunta Regionale Lombarda che mira a rendere difficoltosa e complessa l'apertura di luoghi di culto e di preghiera, colpendo ancora una volta migranti e stranieri. Appunti per un'analisi storica del Prof. Pier Giuseppe Milanesi, Coordinatore del gruppo di Studio di Neuroteoretica e Teorie della Mente "Alla Porta di Elea" della Fondazione CIRNA Onlus. 

I - Queste riflessioni traggono spunto da un discusso provvedimento della Giunta Regionale Lombarda che mira a rendere complessa e difficoltosa l’apertura di luoghi di culto e di preghiera. Il provvedimento, in sé, mira a bloccare la costruzione di moschee. Tuttavia onde evitare rischi di incostituzionalità e accuse di discriminazione, violando la legge, il provvedimento sul piano formale è esteso a tutte le confessioni religiose, compresa la Chiesa Cattolica. Però tutti sanno che la Chiesa Cattolica non ha più alcuna esigenza ad aprire nuove sedi di culto, avendo piuttosto il problema contrario di dismettere molti edifici, sia per la mancanza di sacerdoti e di fedeli, sia per i proibitivi costi di manutenzione. Quindi, di fatto, questo provvedimento colpisce solo le religioni non cattoliche e cioè proprio le religioni che rappresentano il conforto culturale di centinaia di migliaia di immigrati che tra l’altro costituiscono un indispensabile supporto dell’economia dell’intera regione.
Che senso e utilità ha questo provvedimento? Nessuno!  Anzi, esso è destinato a peggiorare il clima sociale favorendo emarginazione, disagio e criminalità – esattamente il contrario di quello che dovrebbe promuovere la politica. Studi e ricerche dimostrano infatti che lo sradicamento culturale, nel momento in cui favorisce un processo di degrado ideologico, apre anche le porte non solo al degrado comportamentale, ma anche allo sviluppo di vere e proprie patologie fisiche e mentali. Questo provvedimento,  insieme ad altri adottati da amministrazioni locali e enti, è parte di una escalation progressiva di piccole e ricorrenti pratiche persecutorie mirate a colpire, o meglio a rendere la vita ancora più difficoltosa a stranieri e migranti. La motivazione sociale con cui tali provvedimenti vengono proposti all’opinione pubblica è che i migranti debbano essere sottoposti a particolari controlli e restrizioni, poiché tra di essi si riscontrano in maggior misura episodi di delinquenza. Tuttavia, poiché proprio l’emarginazione è la prima causa che favorisce comportamenti socialmente devianti, è infine la politica stessa, nella misura in cui promuove l’emarginazione, la causa induttiva del fenomeno che essa pretende di combattere.
C’è un fantasma che si aggira in Europa e che si cerca di non vedere o di non evidenziare a sufficienza in Europa: il ritorno dell’antisemitismo, del razzismo e della xenofobia a livello di massa. Questi sentimenti, a dire il vero, non sono mai morti, nonostante il ricordo dei crimini delle dittature del ‘900 funzionasse da efficace deterrente. Tuttavia, forse anche per l’affievolirsi dei ricordi, razzismo e xenofobia hanno trovato nuove formule originali e contorte per legittimarsi, per riemergere e rioccupare la scena politica, dando vita a veri e propri partiti che ottengono lusinghieri successi elettorali.
L’Europa, per così dire, riscopre la sua interna anima turbolenta e aggressiva che, sopita nel buon clima amicale instauratosi a seguito del patto di unione tra gli stati, si scarica ora all’esterno contro un nemico immaginario. In precedenza, prima del 1989, il nemico aveva un volto reale:  l’Unione Sovietica, con il suo cerchio di paesi satelliti. Caduto questo sistema minaccioso incombente sull’Europa occidentale, il nemico è diventato immaginario: è diventato l’Altro, come tale, il migrante invasore, il mussulmano: nuove figure che si stagliano su quella più antica e sfocata dell’ebreo errante nemico di Cristo, l’archetipo plurimillenario di tutte le persecuzioni.
La caduta dell’URSS ha coinciso con una rapida crescita e diffusione movimenti a base xenofoba, al punto che diventa lecito ipotizzare che esista una correlazione tra il tramonto dell’ideologia comunista – o meglio degli ideali internazionalisti e socialisti che comunque, anche in modo rozzo, trovavano un pur traballante punto di riferimento nel sistema sovietico – e il progressivo affermarsi a livello di massa di movimenti, come la Lega Nord in Italia, che miravano a legittimare politiche di discriminazione sociale sulla base di prerogative di tipo etnico o territoriale.
Ha alquanto sorpreso gli osservatori internazionali questo fatto che proprio l’Italia  - culla del cristianesimo e patria del diritto  - si trovasse al centro di questo processo di inversione ideologica. Ciò è dovuto probabilmente ad una congiuntura di cause.
Il giornale inglese The Guardian, ha tentato, in un articolo del 30 luglio 2013 dal titolo “Why is Italy still so racist?” una analisi delle probabili origini del razzismo italiano. In sintesi, si può dire che l’Italia è il paese dove la politica ha accumulato i suoi maggiori fallimenti, a partire dal fatto che l’Italia è di fatto un paese che non è mai riuscito a realizzare una unità nazionale e che, quando tale unità è stata realizzata, essa è stata realizzata sul piano dell’involucro territoriale, ma non a livello dell’anima. In assenza di un sentimento nazionale – così dice il giornale – ogni città, ogni paese, ogni borgo ecc. si sente al centro del mondo, come se fosse la capitale del mondo, mentre tutto ciò che giace al di fuori di questo cerchio viene vissuto come straniero e fonte di potenziali invasioni. Quindi il razzismo italiano è qualcosa di capillarmente diffuso, disperso in migliaia di punti e costellazioni, che teoricamente si annullano a vicenda, ma che possono formare degli enormi coacervi qualora questi sentimenti negativi vengano indirizzati verso un nemico comune e sovrastante.
Quindi di fatto – aggiungiamo noi, ampliando ulteriormente questo quadro  – l’Italia è un paese “nato morto” e questo spiega perché i cittadini non abbiano rispetto per lo stato e per le leggi. Lo stato a sua volta, per contrastare la tendenza del popolo a trasgredire alle leggi, moltiplica il numero e la quantità di leggi e regolamenti, appesantendo a tal punto il sistema per cui eludere qualche legge o regolamento diventa condizione per sopravvivere o per godere della sensazione di vivere in un paese libero.  In un paese ben organizzato e gestito, il cittadino si sente libero nel momento in cui obbedisce ad una legge (come sosteneva Kant). Nel nostro paese malgovernato, in Italia, si genera l’effetto contrario: si può respirare aria di libertà solo effettuando qualche piccola trasgressione.
Ovviamente è impossibile non notare che queste stesse dinamiche si sono trasferite a livello europeo per cui noi possiamo ben dire che lo stile fallimentare che fu caratteristica della storia politica italiana è diventato anche lo stile del fallimento politico europeo, dove vediamo che i vari stati fanno a gara a trasgredire le norme comuni, così come i cittadini italiani fanno a gara per trasgredire a quelle del loro paese.
In parole povere si deve parlare in primo luogo del fallimento della politica – ossia alla sua inefficacia, inefficienza, inettitudine, mancanza di lungimiranza e di credito – come la remota origine di tutti i mali. Infatti noi dobbiamo tener conto del fatto che il fallimento della politica genera effetti esiziali sul sistema, non solo sul piano strutturale e organizzativo, ma principalmente sul piano ideale. La politica infatti rappresenta la coscienza pubblica di una nazione per cui il degrado della politica promuove un processo di degrado culturale di massa, nelle prassi, nelle idee e nei costumi: il popolo è lo specchio dei suoi governanti ed è portato ad imitarne i comportamenti e le parole.
Tuttavia, poiché in democrazia la politica si regge sul consenso, ecco che la politica è costretta infine a cercare consenso confermando nel popolo gli stessi sentimenti negativi causati dalla sua inefficacia ed inettitudine. La cattiva politica genera risentimenti, aggressività, pulsioni negative; essa pertanto è costretta a farsi strumento di amplificazione di questi sentimenti (e perciò interprete del negativo che alberga nell’animo delle persone) per potere conservare consenso. In questo circolo vizioso quindi si può dire che la cattiva politica peggiora se stessa.
Non esiste un chiaro limite a questa progressione nel negativo, anche perché la negatività, come abbiamo detto, si alimenta di se stessa: la cattiva politica crea risentimento e aggressività e il risentimento produce cattiva politica. Nella disperata ricerca del consenso, esiste il rischio reale che qualora politiche impostate sul risentimento – e perciò politiche striate di ideologie razziste o xenofobe o discriminatorie  -
si dimostrassero elettoralmente vincenti, esse possano essere perseguite non solo dalle forze integraliste e nazionaliste, come già accade, ma anche dalle forze di tradizione liberale o socialista.  
  Il “modello Italia” come detto, si è trasferito nell’intera Europa, la cui pesante struttura iper-regolamentata connessa ad inefficienza e inconcludenza politica può essere esperita su grande schermo. Anche i mali si sono ingigantiti al punto che il risentimento dei popoli nei confronti della cattiva politica europea ha moltiplicato e sparso su tutto il territorio anche il male italiano di cui se era fatto interprete la Lega Nord. Vediamo ovunque fiorire movimenti xenofobi ed etnocentristi con il caso eclatante della Francia, dove il Front National si candida a prima forza del paese.
La Francia, al pari dell’Italia, ha ospitato nel dopoguerra la più agguerrita formazione politica di tradizione socialcomunista per cui non può essere ritenuto casuale questo fatto per cui razzismi e xenofobie si siano diffuse con rapidità maggiore laddove gli ideali umanistici e di solidarietà sembravano tradizionalmente più consolidati e continuamente propugnati. Questo fenomeno per cui vediamo l’umanismo rovesciarsi nel suo contrario andrebbe attentamente studiato.


 II – In realtà questo processo di rovesciamento non deve essere interpretato come un vero e proprio rovesciamento, ma piuttosto  come la corruzione di un sentimento. Non si tratta di un antiumanismo, ma della corruzione dell’umanismo. E’ umanismo putrefatto. E’ un processo parallelo di corruzione del concetto dell’Uomo che trae vita all’interno nelle sfere della religione e della politica e che viene rovinato nel momento in cui queste due sfere vengono sgretolate dal processo della storia. Quindi noi dobbiamo partire considerando il processo di dissoluzione dei principi dell’umanismo storico custoditi principalmente in due grandi “recipienti” culturali: l’utopia politica (rappresentata nel socialismo, nel suo programma di redenzione materiale dell’uomo) e la religione con i suoi paralleli messaggi di redenzione e salvezza dell’”Uomo”. Entrambe queste sfere cedono ormai lentamente sotto l’avanzare della poderosa civiltà del capitalismo dove l’uomo, degradato a mero agente di consumo e fornitore della merce-lavoro, viene soffocato e quasi integralmente sostituito dalla macchina. Parafrasando Nietzsche, potremmo dire: l’uomo è morto! E con esso la sua cultura. Divenire del capitalismo avanzato e pervasivo, bigottismo (religioso e/o politico), tramonto dell’umanismo: è un po’ questo lo scenario entro il quale si alimenta la cultura della disgregazione sociale e della discriminazione, ossia dove viene a stagliarsi il fantasma del nemico immaginario che acquisisce forma umana.
Razzismo e xenofobia sono socialismo corrotto, cristianesimo corrotto, islamismo corrotto. Quasi sempre un sentimento di amore corrotto è in grado di scatenare molta più violenza di qualsiasi altra forma di avversione, per cui “l’amore per l’uomo” si trasforma in risentimento: risentimento verso gli uomini e verso qualcuno in particolare.
Quando entrambe le sfere espletavano un ruolo importante di sostegno ideologico del sistema, parallelamente o in concorso, anche gli effetti della loro corruzione si manifestano con maggiore virulenza. Questo può in parte spiegare la diffusione della Lega Nord nei territori del nord Italia in un’area, come il Veneto e l’arco alpino, di radicata tradizione cattolica e, parallelamente, nei territori della Bassa padana, tradizionalmente feudi elettorali del tramontato Partito Comunista Italiano, liquidato in fretta e furia dopo la caduta del Muro. Il proselitismo leghista si arresta invece alle soglie dell’Italia centrale dove forte è la tradizione anticlericale – la parte più “laica” del paese, dove anche il socialcomunismo, pur radicato nella politica, non ha trovato, nel momento del suo tramonto, proprio grazie alla laicità, quella energia e forza ideologica per produrre gli effetti della sua putrefazione.

L’apporto delle religioni nel favorire la diffusione di razzismi e xenofobie è essenziale per quanto le religioni sono depositarie di  quel pensiero impoverito – vale a dire di quella tendenza alla semplificazione del mondo – che si dimostra essenziale per lo sviluppo di ideologie di consumo o di massa, ossia per tradurre in principi universali e sistemi di pensiero un set di esperienze limitate, confuse o di origine prettamente emotiva. 
Sotto l’aspetto della dialettica ideologica, razzismi e xenofobie devono pertanto essere messi in correlazione alla corruzione dell’umanismo socialista e teologico. Fascismo, nazismo e comunismo sovietico furono il primo stadio della corruzione dell’utopia socialista –  il fallimento della Seconda Internazionale rappresenta la certificazione di questa disgregazione dell’idea socialista. All’interno di questi sistemi il seme del razzismo e della xenofobia prese a crescere mettendo fertili radici che ancora oggi producono fronde. Sul versante puramente teologico, la “morte di Dio” annunciata da Nietzsche in pieno ‘800, era stata da questi coniugata con il crollo dell’umanismo. In realtà la religione (in questo caso il cristianesimo) secondo Nietzsche era morta da tempo: il cristianesimo non custodiva più dentro di sé il seme dell’uomo bensì il cadavere dell’uomo. Effettivamente, razzismi e xenofobie crebbero progressivamente all’interno di un cristianesimo ridotto a pura armatura burocratica ecclesiale, dando origine non solo a ricorrenti e periodiche persecuzioni contro gli ebrei, ma ad interminabili conflitti religiosi  tra seguaci. Lo stesso discorso può oggi essere ripetuto riguardo al mondo islamico che ripropone queste per noi antiche forme di conflittualità medioevali, dove l’odio e la persecuzione nei confronti del diverso (l’infedele) sembra assumere proporzioni gigantesche, contando anche sul fatto che, nel mondo arabo il confine tra ideologia religiosa e politica è quasi inesistente, per cui il germe del razzismo può svilupparsi in misura esponenziale traendo forza dalla contestuale corruzione di entrambi i sistemi (politico e religioso).
Noi vediamo dunque che proprio laddove si sono coltivate le mitologie di “salvezza dell’uomo” – e cioè nella sfera della religione e nelle vacue inconcludenti promesse della politica - infine si è creato un terreno fertile per lo sviluppo di ideologie speculari che affermano il contrario, come se l’umanità avesse incominciato a prendere a pugni le proprie idee nel momento in cui ne ha verificato l’inefficacia. In altre parole: la preghiera si converte in bestemmia.
L’amore si tramuta in accanimento. In questa dialettica degli opposti, l’antitesi assume specularmente le movenze della tesi, esattamente come avviene quando l’amore si corrompe e degenera in vizio trasformando la sua forza naturale  nella perfida forza del negativo. Le buone premure, le solerzie dell’innamorato ora diventano stalking! Il razzista tormenta la sua vittima con la stessa assiduità e ritualità  con cui l’innamorato si dedica alla persona amata dalla quale non può distaccarsi. Come l’innamorato ha costante e  bisogno di telefonare e contattare l’amata, così anche lo xenofobo ha lo stesso impellente bisogno di procurare periodicamente un nuovo disagio o una nuova difficoltà alla sua vittima.
Per questo le persecuzioni assumono un andamento periodico e intensità crescente: una escalation nella spogliazione dei diritti che incomincia dal divieto di sedersi su una panchina (per gli ebrei al tempo del nazifascismo di frequentare palestre e piscine) fino al divieto di erigere luoghi di culto. In questa circolarità del negativo che cresce alimentandosi di se stesso, ci troviamo di fronte ad un vero e proprio processo espansivo che tende ad intensificarsi non solo prendendo di mira le stesse categorie, ma anche comprendendo poco per volta categorie sempre nuove,  espandendosi fino a realizzare il concetto per cui l’oggetto perseguitato non è l’ebreo o l’extracomunitario o il migrante, bensì l’uomo in quanto uomo.



III – Qualcuno infatti potrà obiettare che il razzista non conduce una battaglia contro l’uomo nel suo concetto, bensì contro la persona di colore, l’omosessuale, la donna ecc. e che lo xenofobo non vuole cacciar via tutti gli stranieri, ma solo gli islamici e i rom.  Per fornire una risposta a queste obiezioni dobbiamo compiere uno sforzo di astrazione cercando interpretare i fatti umani e le opinioni degli uomini avendo presente i più vasti orizzonti del tempo dove ogni gesto assume il significato di una profezia.
Su queste grandi linee, niente può dirsi casuale. Se non tutto, come riteneva Hegel, almeno quasi tutto ciò che è reale è razionale! Razzismo e xenofobia, in quanto veicoli di messaggi all’interno di un sistema, hanno perciò una loro ragion d’essere e cioè una funzione nel determinarne lo sviluppo. Il sistema umano può essere inteso sia come una unità biologica (poiché l’umanità nel suo complesso è una specie che al pari delle altre è percorsa da istanze e sollecitazioni di natura biologica)  sia come il prodotto di una cultura e perciò esposto a sollecitazioni di tipo culturale o storico. In un vertice collocato in un punto remoto le due cose probabilmente si identificano (in quanto natura è cultura e cultura è natura) però in questo nostro discorso non abbiamo lo spazio e l’intenzione di approfondire questo specifico tema.
Diremo allora che razzismo e xenofobia sono in qualche modo comportamenti “di specie” essendo comuni a molte altre specie di animali e i cui meccanismi sono stati ampiamente esplorati dal punto di vista neuroscientifico. Sono reazioni di difesa che assumono un aspetto patologico e compulsivo nella misura in cui non esiste niente di reale da cui difendersi. Però è anche vero che, nella misura in cui questi comportamenti si strutturano dando origine dando corpo ad una ideologia, non sono più interpretabili come sfoghi biologici, ma diventano strumenti politici che come tali, funzionali al sistema, e concorrono a formare l’ideologia del sistema.
Da questo punto di vista, come tra l’altro anticipato, ci troviamo all’interno di una fucina ideologica dove vengono forgiate nuove parole e cancellate vecchie parole dal vocabolario della storia. L’ideologia è costituita infatti di parole e di associazioni semantiche. In un universo ideologico che si tinge di un nero minaccioso, molte parole stentano sempre più ad essere pronunciate. Ad esempio un termine quale “cultura dell’accoglienza”, qualora fosse pronunciato, susciterebbe reazioni stizzite e risposte accidiose del tipo : “Ah, gli immigrati vengono qui a rubarci il lavoro e a sfruttare a sbafo i nostri servizi!”
Questo ovviamente non è vero. Anzi è vero il contrario, sia dal punto di vista statistico, sia dal punto di vista storico, poiché in tutte le epoche – a  partire dal tempo della costruzione delle piramidi - il lavoro degli stranieri è sempre stato oggetto di sfruttamento e una fonte di ricchezza per il paese che li ospitava.
Però il “vero” e il “falso” contano assai poco in queste dinamiche di pura rilevanza ideologica che hanno lo scopo di tessere associazioni immediate di parole e concetti. L’umanità ha preferito nella sua storia più il falso che il vero, e una bugia diventa immediatamente vera se con essa è possibile procurarsi dei vantaggi.
Quando le parole vengono cancellate dal vocabolario, tale cancellazione assume valenza e significato universali, per cui la cancellazione di termini quali “accoglienza” o “solidarietà”, nel momento in cui vanno perdute, sono perdute per tutti. Quindi le vere vittime del razzismo e della xenofobia non sono gli immigrati, i profughi, i rom, i neri, gli omosessuali o le donne; le vittime del razzismo e della xenofobia siamo noi tutti, ossia l’Uomo nella sua essenza universale.
In che senso dunque questa operazione ideologica diventa funzionale al sistema? Non stiamo scoprendo niente di nuovo affermando che la cultura della discriminazione, che si tempra scegliendo come oggetto l’immigrato, lo straniero o il nomade ecc. in realtà è un momento di costruzione di un linguaggio universale – appunto di una ideologia destinata a funzionare in senso universale.
  Poiché il processo vorticoso di accumulazione/concentrazione del capitale – che ha fatto sì che la maggior parte delle ricchezze della terra siano detenute e controllate dal 10% della popolazione – comporta meccanicamente una parallela moltiplicazione dello svantaggio sociale, è chiaro che questo sistema deve contestualmente costruirsi una ideologia che legittimi o normalizzi questa situazione, ossia deve costruire una cultura della discriminazione. In altri termini: si rende necessario un intervento sul concetto di “giustizia” alterandone la soglia di sensibilità. Questa operazione di revisione dei concetti (di modificazione del vocabolario umano) non viene compiuta direttamente sulla massa della popolazione, bensì inizialmente su queste frange più esposte e indifese che, non avendo possibilità di replica, non avendo “voce”, non avendo le “parole”, sono dunque in grado di opporsi al processo di conversione semantica che il sistema dominante compie con la forza delle parole.
Però l’obiettivo vero, strategico, non sono queste categorie. Si tratta di una rivoluzione di concetto che, promuovendo una cultura della discriminazione, deformando il senso della giustizia e la sensibilità nei confronti della giustizia, sottrae argomenti, motivazioni e consenso sociale ad ogni forma di rivendicazione da parte di quella vasta umanità che sarà sempre e via via più esclusa dal circolo del benessere, del potere, della ricchezza ed infine anche della libertà.   
Quindi se le vittime del razzismo e della xenofobia siamo noi stessi, non ci resta che concludere, con le più volte citate parole del teologo Martin Niemoeller:

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti,
e io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me,

e non c’era rimasto nessuno a protestare.